sabato 11 luglio 2009

SAN BENEDETTO DA NORCIA

San Benedetto è padre del mondachesimo occidentale. Le varianti che distinguono il Cistercense dal monaco di Solesmes o il Benedettino bianco di Prinknash dall'eremita Camaldolese, non sono abbastanza profonde da costituire specifiche differenze nella loro spiritualità.


Tutti cercano la gloria di Dio e la salvezza delle loro anime nella vita contemplativa seguendo la regola di S.Benedetto e guidati dal suo spirito. Le varianti nell'osservanza dipendono in maggior parte dal fatto che ogni famiglia da' maggior importanza a questo o a quell'aspetto della regola benedettina. Ma tali particolari applicazioni della formula benedettina, pur adattando l'essenza della regola a tempi, luoghi e circostanze speciali, mai permettono loro di cambiare l'essenza della vita monastica.


Alcune famiglie benedettine praticano l'austerità della regola, altre invece sono portate ad uno spirito più blando di umanità e di discrezione. Alcune pongono l'ideale monastico della vita contemplativa nella solitudine, altre ricordano che lo stesso S.Benedetto ed i primi benedettini assegnava un certo posto all'apostolato nella vita del monaco. Ma in sostanza queste due tendenze, l'una solitaria ed austera, l'altra più socievole e temperata, sono sempre fuse insieme in ogni osservanza monastica. Le varie proporzioni in cui sono unite dipendono dal particolare scopo che ogni osservanza si propone: scopo che non sarà se non un mezzo speciale per arrivare a quella meta che Benedetto ha assegnato a tutti i suoi figli.


Il monaco è sempre ed essenzialmente un uomo votato alla preghiera e alla penitenza. I suoi orizzonti sono sempre quelli del deserto. Egli ha abbandonato tutto per rinnegare se stesso e seguire Cristo nella povertà, nel lavoro, nell'umiltà. In una parola la vita monastica è la Croce di Cristo. Se le scienze le arti la letteratura l'insegnamento le ricerche storiche e il ministero apostolico sono parte di questa vita, lo sono soltanto nella misura più consona a far si' che il monaco attraverso il deserto trovi la via che conduce a Dio.


Se alcune interpretazioni della regola sono meno austere di altre, lo sono nella speranza che la media degli uomini possano vivere da contemplativi senza pregiudizio della loro salute mentale e fisica. Se in alcuni monasteri si dà importanza a ricerche scritturali, liturgiche musicali, lo si fa sapendo che questa è la via più addatta a certe anime per la loro vita di preghiera. Le differenze dell'osservanza monastica sono tutte buone e tutte necessarie in quanto rendono la vita monastica accessibile a ogni genere di uomo. Un tale che mal si adatta al tenore di vita di una famiglia religiosa, troverà facilmente il suo posto in un'altra. Nonostante queste differenze, tutte le famiglie benedettine hanno qualche cosa in comune.


Esse hanno uno stesso padre ed una stessa regola. Lo scopo della regola è quello di formare Cristo nell'anima del monaco, nello stesso modo con cui Cristo è stato formato nell'anima di S.Benedetto. La regola che più o meno rispecchia il tenore di vita di S.Benedetto, ci mostra il modo particolare con cui il monaco interpreta e applica le lezioni del Vangelo di Cristo.


Il monaco benedettino è semplicemente un uomo che comprende il Vangelo e lo vive come fu inteso e vissuto da S.Benedetto.


Chi fu S.Benedetto? Come interpretò il Vangelo e come lo applicò alla sua vita?


La storia è parca di notizie intorno alla vita e alle opere di S.Benedetto. Molte date della sua vita sono ancora oggi discutibili. E' sufficiente per noi collocarlo nel suo secolo, il sesto. Egli fu un romano che diede ferme basi alla vita monastica in Italia, dove già esisteva, alla fine delle grandi invasioni barbariche. La sua regola, che era un compendio di tutta la saggezza del monachesimo orientale, in seguito soppiantò tutte le altre regole monastiche nell'occidente.


Il monachesimo benedettino ebbe una parte così importante nella ricostruzione dell'Europa, che Benedetto è chiamato a ragione non solo il padre del monachesimo occidentale, ma addirittura il "padre dell'occidente".


Diamo uno sguardo al ritratto che di lui ci hanno lasciato il suo biografo S.Gregorio Magno e la stessa sua regola. E' nella regola e nella persona di Benedetto che noi troviamo lo spirito, la forna senza la quale nessun monaco può veramente chiamarsi benedettino.


Il primo tratto che ci colpisce del carattere di S.Benedetto, è la sua non comune serietà. Lo spirito benedettino è uno spirito di maturità e di profondità. Anche da fanciullo Benedetto ebbe la saggezza che normalmente si acquista con anni di esperienza. Una soprannaturale prudenza diede a lui una chiaroveggenza della vanità delle cose del mondo ed egli fuggì da esse per dedicare la sua vita a Dio. Tutta la sua vita può essere compendiata nelle parole con cui S.Gregorio descrive il suo ritiro nel solitario speco di Subiaco: "Egli cercava di piacere a Dio solo".


Perciò la sua vita fu semplice ed austera. Lasciando in disparte ogni cosa che non era Dio, egli visse solo sotto lo sguardo di Dio. La sua vita di eremita dipendeva in tutto dalla divina provvidenza, e in fatto questa fede nella provvidenza fu un'altra delle caratteristiche di Benedetto che decise di dare tutto quello che aveva sulla terra (ai poveri) per accumulare tesori in cielo.


In ciò egli seguiva alla lettera il Vangelo di Cristo in tutta la sua semplicità "chiunque di voi non rinuncia a tutto quanto possiede, non può essere mio discepolo". "vendete i vostri beni e fate elemosina. Fatevi delle borse che non si logorano, un tesoro che non viene mai meno nel cielo, dove il ladro non s'accosta e la tignola non consuma".


La sua vita nello speco di Subiaco fu una lotta per la vittoria su se stesso, sulle sue passioni, e sugli spiriti cattivi. Sentendosi alfine libero da tentazioni fatto maestro di altri monaci, Benedetto si trovò circondato da discepoli condotti a lui dallo Spirito Santo: cominciava per lui la vita di abate e di fondatore.


Perseguitato dall'odio di gente invidiosa, ebbe l'occasione di praticare in tutta la sua perfezione la dolcezza e la mansuetudine con cui Cristo ha comandato di amare anche i nemici. Finalmente in mezzo alle occupazioni di abate e di apostolo potè gustare le gioie della più alta contemplazione mistica congiunta ai doni carismatici della profezia, dei miracoli e del discernimento degli spiriti. Fu nel più stretto senso della parola "Un uomo di dio", un individuo posseduto e trasfigurato dalla Spirito Santo, un uomo che viveva e che operava secondo lo Spirito, vedendo e considerando la creazione "in un unico raggio di sole".


E S.Gregorio commenta: "A colui che vede il Creatore, tutte le creature si riducono a nulla".


Questo dunque è lo stampo sul quale la vita di ogni monaco benedettino deve essere modellata. Non c'è bisogno (e non lo possiamo) riprodurre nella nostra vita tutti i caratteri esteriori della vita di S.Benedetto. Non possiamo vivere da soli in caverne, pochi di noi potranno avere il dono di far miracoli; ma tutti dobbiamo essere uomini di Dio come egli era; come lui dobbiamo essere trasformati dallo Spirito di Dio, dobbiamo come lui abbandonarci completamente alla volontà di Dio. Come S.Benedetto dobbiamo riprodurre in noi la carità di Cristo. E dobbiamo aver sete di Dio come l'ebbe lui.


Come potremo far questo? La risposta ci è data dalla regola.


L'essenza della regola di S.Benedetto si trova nella rinunzia alla propria volontà ad imitazione di Cristo disse " Non sono venuto a fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato". (Gv 6,38).


La vita benedettina è l'imitazione di Cristo nell'obbedienza, nell'umiltà, nella carità. Il monaco è un altro Cristo obbediente fino alla morte. Lo scopo di questo spirito di rinuncia non consiste solamente nel sottomettersi ad un superiore, uomo come noi. I voti e la regola ci sottomettono a Cristo e ci mostrano come dobbiamo obbedire a Dio. Essi ci mettono direttamente sotto la guida dello Spirito Santo. Quando noi saremo capaci di comprendere e di rispondere ad ogni impulso interiore dello spirito, allora la nostra vita non sarà più dominata dalla paura.

Allora, come dice S.Bendetto, faremo tutto "per amore di Cristo e per la stessa buona e dilettevole abitudine delle virtù. Le quali il Signore si degnerà di far vedere per opera dello Spirito Santo nel suo operaio già mondo da vizi e da peccati".


La vita che S.Benedetto aveva in mente quando scrisse la regola, fu la vita che egli stesso visse mentre scriveva, come visse egli?


Il monastero era un piccolo fabbricato o piccolo gruppo di edifici abitati da una comunità di dodici o quindici monaci. Una stanza faceva da cappella ed un'altra era riservata ai novizi. Probabilmente S.Benedetto aveva una cella per sè. Vi erano inoltre la cucina, il refettorio ed il dormitorio comune. Dentro la clausura si trovava il mulino, il forno e le officine di lavoro.

La comunità era mantenuta dal lavoro degli stessi monaci e da donazioni fatte di tanto in tanto da benefattori e da ricchi viaggiatori. Ma S.Benedetto amava di preferenza offrire ospitalità ai poveri. Comunque, l'ospizio formava una parte necessaria della istituzione, poichè S.Benedetto vedeva Cristo in ogni ospite ed in ogni membro della sua famiglia monastica.

I monaci si alzavano un'ora dopo mezzanotte per cantare e recitare una semplice ufficiatura consistente in salmi e lezioni, senza tutte quelle aggiunte e fioriture che vennero poi a complicare il breviario. Sette volte al giorno i monaci si radunavano nell'oratorio o sul luogo di lavoro per recitare le ore canoniche. Ciascuna delle piccole ore prevedeva circa dieci minuti. I salmi erano seguiti da alcuni minuti di meditazioni in comune, ma S.Benedetto insisteva che questa dovesse essere breve. Ciò che risalta nella legislazione della liturgia monastica stabilita da S.Benedetto è che tutto doveva essere semplice e breve, secondo l'insegnamento di Cristo: "Quando preghi, non parlare molto come fanno i pagani, poichè essi pensano che saranno meglio intesi parlando molto" (Mt 6,7). La regola però, permette al monaco piena libertà di prolungare la sua preghiera in privato secondo la ispirazione dello Spirito Santo. In altre parole, la preghiera liturgica in comune non deve mai diventare una abitudine tediosa e la preghiera privata è lasciata alla libertà di ciascuno. S.Benedetto si preoccupava che il monaco comprendesse che la sua principale obbligazione era di lodare Dio in coro con la mente e col cuore.

Il rimanente della giornata del monaco era divisa tra la lettura sacra ed il lavoro manuale: da cinque ad otto ore di lavoro al giorno con due o tre ore di lettura e di meditazione.

La refezione era semplice: perpetua l'astinenza dalle carni. Ma in confronto con la dieta dei padri del deserto, era abbondante e molto maggiore e il tempo concesso al riposo.

Su questo sfondo originale è fondata ogni osservanza benedettina. Come appare evidente, grande semplicità ed equilibrio erano fusi insieme e possiamo facilmente spiegare poichè in ogni età i monaci hanno cercato di rigettare le tante complicazioni ed aggiunte apportate alla semplice struttura originale, per ritornare alla semplicità della vita vissuta dallo stesso S.Benedetto. Allo stesso tempo è facile riconoscere la necessità di continui aggiornamenti e la costatne tendenza dell'uomo a cambiare e a modificare l'ordine originale della giornata benedettina.

(Tratto da "VITA NEL SILENZIO" Thomas Merton)
La grande famiglia di San Benedetto ... ...

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_____________Ave Maria___________

_____________Ave Maria___________
Questa preghiera è dedicata a ... ... ...

__SOSTEGNO DI CHI E' MALATO!__

Ave, o Maria, piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.

Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte.

Amen.