Mt 6,16-18
"E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che si assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà".
DIGIUNO. Esercizio di ascesi? Prova di forza con se stessi? Scelta razionale o sofferto obbligo spirituale? Il digiuno quaresimale è qualcosa di più. È "un atto d'amore verso noi stessi", così come la preghiera è un atto d'amore verso Dio e l'elemosina un atto d'amore verso gli altri.
Preghiera, digiuno ed elemosina: i tre aspetti che caratterizzano la Quaresima.Sono tre momenti che la Chiesa ci invita a vivere in questo periodo liturgico della Quaresima, in preparazione alla Pasqua. Questi tre modi di approfondire il nostro rapporto con Dio sono già conosciuti nell'Antico Testamento. Gesù stesso fa riferimento a questa tradizione vivente. La preghiera, è indirizzata verso Dio, il digiuno è indirizzato a noi stessi, aiuta a controllare noi stessi, quindi è un atto di amore verso noi stessi, e l'elemosina è un atto di amore verso l'altro. Come ci sono i peccati contro Dio, contro noi stessi, e contro gli altri, così questi tre modi di approfondire la nostra spiritualità che la Chiesa propone nel tempo di Quaresima, riguardano il rapporto con Dio, con gli altri, e con noi stessi. Il digiuno è collegato a queste tre dimensioni.
Certamente, il digiuno riveste un valore anche a livello, pagano, naturale, fuori dalla religiosità. In questo senso, il digiuno è uno sforzo per approfondire la virtù, quindi controllare se stessi. Nell'etica pagana, stoica, c'è l'idea di digiunare per non essere sotto il dominio delle passioni. Il digiuno è una pratica ascetica che aiuta a controllare se stessi. Nel contesto cristiano, però, il digiuno non ha lo stesso valore come nell'etica pagana, dove il digiuno è solo una pratica per la salute o qualcosa per se stessi. Per noi il digiuno ha soprattutto una dimensione cristologica, dunque una dimensione teologica, del rapporto con Dio. I pagani dicevano plenus venter non studet libenter: significa che quando uno mangia troppo, la sua capacità contemplativa diminuisce. Questo è vero. Infatti, se un uomo è troppo legato alle cose che accadono all'esterno, perde la capacità di percepire Dio. Per questo, la qualità della nostra preghiera, del nostro rapporto intimo con Dio e la capacità di sentire la Parola di Dio esigono qualche digiuno, il silenzio, qualche momento per mettere da parte tutte le cose che attirano l'attenzione.
Dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa ha ridotto le pratiche del digiuno, anche il digiuno eucaristico è stato ridotto a soltanto un'ora. Nel passato, quando le cose non andavano bene, si pensava che occorresse un po' più di preghiera, un po' più di rigore, un po' più di digiuno. La Chiesa ha poi scoperto che, talvolta, questo rigore era vissuto in maniera troppo orgogliosa, cioè affermando che si era migliori degli altri, facendo tutto con le proprie forze. La Chiesa ha, perciò, voluto ridurre il digiuno per assicurare che tutto ciò che è fatto è motivato dall'amore e non per la lotta con se stessi, non in maniera pelagiana, dove tutto dipende dalle nostre forze. Per questo motivo, la Chiesa ha ridotto le pratiche ascetiche e ha avvertito che esiste il pericolo dell'orgoglio spirituale, il quale distrugge la comunità e l'unità. Il digiuno è importante, la Chiesa non lo ha tolto, però lo ha limitato un po' per lasciare più spazio per ciò che è dato in una maniera silenziosa, per dare più spazio alla gratuità, per compiere opere buone non perché sono obbligati, ma perché vogliamo esprimere il nostro amore per Dio.
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