LA GIUSTIZIA NEL RAPPORTO DI COPPIA
Una particolare categoria di "prossimo" è certamente rappresentata dall'uomo, o dalla donna, che condivide con noi la totalità della vita sotto lo stesso tetto. Su questo punto l'argomento si farebbe abbondante, dal momento che si entrerebbe nella profondità del sacramento del matrimonio, vocazione che ripristina l'immagine di Dio impressa all'origine sul rapporto della prima coppia.
E' un tema troppo vasto che non potremo affrontare qui sotto i molteplici risvolti di cui si compone. Facciamo perciò una scelta, che in fondo è conforme alla pista che seguiamo fin dall'inizio: il margine della virtù della giustizia. Ci soffermiamo quindi sul rapporto interpersonale della coppia, tralasciando le altre tematiche teologiche connesse al sacramento.La vita di coppia, considerata sul piano della relazione reciproca di due persone, viene descritta dalla Bibbia in modo da offrire a ogni coppia credente le tracce di uno stile di vita quotidiana conforme alle aspettative di Dio. Cercheremo qui di mettere in luce i tratti fondamentali di questo insegnamento biblico. La prima cosa che balza subito agli occhi è il fatto che una relazione d'amore, costruita secondo Dio, deve essere priva dei rapporti di forza.
Il racconto della creazione contiene già questo elemento di pacificazione reciproca che deve caratterizzare la coppia che vive il suo amore nella luce di Dio: "Non è bene che l'uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che gli sia simile… Il Signore Dio plasmò una donna e la condusse all'uomo" (2,18.22). Questi brevi enunciati raggiungono una notevole profondità antropologica e teologica al tempo stesso: la coppia pensata da Dio è una coppia che nasce innanzitutto sulla base della similitudine.
La prima esperienza di pace nel rapporto tra due persone consiste nell'avere lo stesso cuore. E' difficile che un uomo e una donna possano costruire insieme un amore veramente felice se sono uniti da una similitudine soltanto superficiale (il piacersi fisicamente o caratterialmente, l'avere gli stessi gusti…) e sono invece diversi nella maniera di interpretare la vita e negli obiettivi fondamentali da perseguire.
L'amore donato da Dio alla coppia delle origini può fondarsi solo sulla similitudine della coscienza, quando cioè l'uomo e la donna credono negli stessi valori, condividono le stesse aspirazioni, interpretano la vita nella medesima chiave. Il secondo enunciato (v. 22) si muove invece sul registro dello stile di vita: Adamo non si appropria di sua moglie, è Dio che gliela offre come un dono. La coppia che vive nella luce di Dio non perde mai di vista il fatto che, pur nella reciproca e totale appartenenza, nessuno dei due è "padrone" dell'altro. Piuttosto, l'altro si accoglie con il rispetto e la delicatezza con cui si accoglie un dono prezioso fatto da Dio.
L'incontro di Tobia e di Sara veicola infatti proprio questo insegnamento; Tobia prende Sara non come una moglie autonomamente scelta, ma come la donna che Dio ha giudicato adatta per lui: "Dal cielo è stato stabilito che ti sia data" (Tb 7,12). Di fatto, sempre nel libro della Genesi, i rapporti di forza entrano nella vita di coppia solo dopo il peccato originale e perciò non esprimono la volontà di Dio, ma solo la conseguenza di un disordine voluto dall'uomo e progettato dal diavolo: "Alla donna Dio disse: verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà" (Gen 3,16). Questo "egli ti dominerà" segna l'ingresso dei rapporti di forza che hanno snaturato l'amore umano, deformandolo nel suo significato sacramentale, ossia nella sua capacità di rendere visibile l'amore di Dio. Cristo, nella sua risposta ai farisei che lo interrogavano sul divorzio, fa riferimento a una condizione in cui la coppia umana non è più quello che Dio aveva stabilito al principio della creazione (cfr. Mt 19,8). Nelle parole di Cristo si comprende che l'amore umano ha perduto lo splendore che aveva all'origine, perché il peccato ha ferito gli equilibri della persona e il cuore si è ammalato di indurimento. Alla luce di questo presupposto, il Maestro afferma che il fallimento dell'amore umano non è dovuto a una qualche forma di incompatibilità tra l'uomo e la donna, ma è da attribuirsi a una causa più profonda, ossia lo stato di malattia del cuore oscurato dal peccato. Sarà necessaria la redenzione perché la coppia umana possa avvicinarsi allo splendore delle origini, recuperando l'intimità con Dio, perduta con la cacciata dall'Eden. Lo stile delle relazioni tra marito e moglie viene ripreso dall'Apostolo Paolo nella lettera agli Efesini, con una amplificazione del discorso nella prospettiva sacramentale. Abbiamo già detto, però, che in questa sede non ci occuperemo della teologia della coppia, bensì del ritratto biblico della coppia. Paolo presenta in termini nuovi quello che può sembrare non solo un discorso vecchio, ma anche un discorso che dovrebbe essere superato nella nuova economia del NT. L'Apostolo "sembra" infatti suggerire la sottomissione della donna all'uomo. Ci sembra opportuno chiarire qui cosa egli abbia inteso dire. Il suo enunciato suona intanto così: "Le mogli siano sottomesse ai loro mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie come Cristo è capo della Chiesa" (Ef 22). Il concetto di "sottomissione" ha bisogno di essere contestualizzato, per non correre il rischio di cadere in un madornale fraintendimento. Sarebbe un errore tentare di capire il senso delle parole dell'Apostolo senza tenere conto di ciò che egli subito dopo aggiunge: "E voi, mariti, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa" (v. 25).
Ora, noi sappiamo che Cristo ha amato la Chiesa lavando i piedi ai suoi discepoli e rappresentando così il senso profondo dell'offerta della propria vita per la nostra salvezza. Se dunque la moglie deve essere sottomessa al marito come a Cristo, il marito, a sua volta, deve mantenere verso di lei lo Cristo stesso atteggiamento di Cristo, chino in un instancabile servizio.
Sotto questa chiave scopriamo allora che la "sottomissione" è un atteggiamento altissimo e nobile, se è ispirato dall'amore e dall'imitazione di Cristo. Non ci inoltriamo nelle altre categorie di "prossimo" per le quali, volendo stabilire il livello della giustizia, basta ribadire il principio riportato dal Vangelo di Luca: "Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (6,31).
don Enzo Cuffaro
Una particolare categoria di "prossimo" è certamente rappresentata dall'uomo, o dalla donna, che condivide con noi la totalità della vita sotto lo stesso tetto. Su questo punto l'argomento si farebbe abbondante, dal momento che si entrerebbe nella profondità del sacramento del matrimonio, vocazione che ripristina l'immagine di Dio impressa all'origine sul rapporto della prima coppia.
E' un tema troppo vasto che non potremo affrontare qui sotto i molteplici risvolti di cui si compone. Facciamo perciò una scelta, che in fondo è conforme alla pista che seguiamo fin dall'inizio: il margine della virtù della giustizia. Ci soffermiamo quindi sul rapporto interpersonale della coppia, tralasciando le altre tematiche teologiche connesse al sacramento.La vita di coppia, considerata sul piano della relazione reciproca di due persone, viene descritta dalla Bibbia in modo da offrire a ogni coppia credente le tracce di uno stile di vita quotidiana conforme alle aspettative di Dio. Cercheremo qui di mettere in luce i tratti fondamentali di questo insegnamento biblico. La prima cosa che balza subito agli occhi è il fatto che una relazione d'amore, costruita secondo Dio, deve essere priva dei rapporti di forza.
Il racconto della creazione contiene già questo elemento di pacificazione reciproca che deve caratterizzare la coppia che vive il suo amore nella luce di Dio: "Non è bene che l'uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che gli sia simile… Il Signore Dio plasmò una donna e la condusse all'uomo" (2,18.22). Questi brevi enunciati raggiungono una notevole profondità antropologica e teologica al tempo stesso: la coppia pensata da Dio è una coppia che nasce innanzitutto sulla base della similitudine.
La prima esperienza di pace nel rapporto tra due persone consiste nell'avere lo stesso cuore. E' difficile che un uomo e una donna possano costruire insieme un amore veramente felice se sono uniti da una similitudine soltanto superficiale (il piacersi fisicamente o caratterialmente, l'avere gli stessi gusti…) e sono invece diversi nella maniera di interpretare la vita e negli obiettivi fondamentali da perseguire.
L'amore donato da Dio alla coppia delle origini può fondarsi solo sulla similitudine della coscienza, quando cioè l'uomo e la donna credono negli stessi valori, condividono le stesse aspirazioni, interpretano la vita nella medesima chiave. Il secondo enunciato (v. 22) si muove invece sul registro dello stile di vita: Adamo non si appropria di sua moglie, è Dio che gliela offre come un dono. La coppia che vive nella luce di Dio non perde mai di vista il fatto che, pur nella reciproca e totale appartenenza, nessuno dei due è "padrone" dell'altro. Piuttosto, l'altro si accoglie con il rispetto e la delicatezza con cui si accoglie un dono prezioso fatto da Dio.
L'incontro di Tobia e di Sara veicola infatti proprio questo insegnamento; Tobia prende Sara non come una moglie autonomamente scelta, ma come la donna che Dio ha giudicato adatta per lui: "Dal cielo è stato stabilito che ti sia data" (Tb 7,12). Di fatto, sempre nel libro della Genesi, i rapporti di forza entrano nella vita di coppia solo dopo il peccato originale e perciò non esprimono la volontà di Dio, ma solo la conseguenza di un disordine voluto dall'uomo e progettato dal diavolo: "Alla donna Dio disse: verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà" (Gen 3,16). Questo "egli ti dominerà" segna l'ingresso dei rapporti di forza che hanno snaturato l'amore umano, deformandolo nel suo significato sacramentale, ossia nella sua capacità di rendere visibile l'amore di Dio. Cristo, nella sua risposta ai farisei che lo interrogavano sul divorzio, fa riferimento a una condizione in cui la coppia umana non è più quello che Dio aveva stabilito al principio della creazione (cfr. Mt 19,8). Nelle parole di Cristo si comprende che l'amore umano ha perduto lo splendore che aveva all'origine, perché il peccato ha ferito gli equilibri della persona e il cuore si è ammalato di indurimento. Alla luce di questo presupposto, il Maestro afferma che il fallimento dell'amore umano non è dovuto a una qualche forma di incompatibilità tra l'uomo e la donna, ma è da attribuirsi a una causa più profonda, ossia lo stato di malattia del cuore oscurato dal peccato. Sarà necessaria la redenzione perché la coppia umana possa avvicinarsi allo splendore delle origini, recuperando l'intimità con Dio, perduta con la cacciata dall'Eden. Lo stile delle relazioni tra marito e moglie viene ripreso dall'Apostolo Paolo nella lettera agli Efesini, con una amplificazione del discorso nella prospettiva sacramentale. Abbiamo già detto, però, che in questa sede non ci occuperemo della teologia della coppia, bensì del ritratto biblico della coppia. Paolo presenta in termini nuovi quello che può sembrare non solo un discorso vecchio, ma anche un discorso che dovrebbe essere superato nella nuova economia del NT. L'Apostolo "sembra" infatti suggerire la sottomissione della donna all'uomo. Ci sembra opportuno chiarire qui cosa egli abbia inteso dire. Il suo enunciato suona intanto così: "Le mogli siano sottomesse ai loro mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie come Cristo è capo della Chiesa" (Ef 22). Il concetto di "sottomissione" ha bisogno di essere contestualizzato, per non correre il rischio di cadere in un madornale fraintendimento. Sarebbe un errore tentare di capire il senso delle parole dell'Apostolo senza tenere conto di ciò che egli subito dopo aggiunge: "E voi, mariti, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa" (v. 25).
Ora, noi sappiamo che Cristo ha amato la Chiesa lavando i piedi ai suoi discepoli e rappresentando così il senso profondo dell'offerta della propria vita per la nostra salvezza. Se dunque la moglie deve essere sottomessa al marito come a Cristo, il marito, a sua volta, deve mantenere verso di lei lo Cristo stesso atteggiamento di Cristo, chino in un instancabile servizio.
Sotto questa chiave scopriamo allora che la "sottomissione" è un atteggiamento altissimo e nobile, se è ispirato dall'amore e dall'imitazione di Cristo. Non ci inoltriamo nelle altre categorie di "prossimo" per le quali, volendo stabilire il livello della giustizia, basta ribadire il principio riportato dal Vangelo di Luca: "Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (6,31).
don Enzo Cuffaro
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