DI ANGELO PELUSO
Un rapporto complice implica un condividere un territorio mentale con un’altra persona indipendentemente dall’abitare nella stessa casa o in luoghi fisici diversi. Essere complice con l’altro significa vivere con lui\lei un attaccamento psichico senza invaderlo o impossessarsene, ma definendo ogni propria azione come frutto di una strategia condivisa dal partner senza riserve (anche se ci fossero diverse vedute). In altre parole è l’accettazione totale dell’altro che porta a un rapporto basato sulla lealtà e la fedeltà al di là di falsi e stereotipati comportamenti di pseudo-unità.
Se l’alleanza implica unire le forze comuni per un obiettivo o un ideale scelto insieme (il che paradossalmente non necessita obbligatoriamente di intimità con l’altro), la complicità deve necessariamente prevedere la capacità a vivere una relazione intima.
L’intimità è il primo segno di un rapporto esclusivo in cui si entra nella sfera d’azione dell’altro per condividerne le emozioni e le azioni (pur non essendo necessario partecipare direttamente). Questa sensibilità a saper entrare in relazione con gli altri dovrà favorire rapporti positivi nel gruppo dei pari e in tutti quei contesti socializzanti significativi.
Nell’età adulta l’intimità è indispensabile per vivere una buona sessualità in cui si possa condividere con l’altro l’espressività del proprio esser uomo\donna e il piacere erotico. Moltissime patologie sessuali sono “spie rosse d’allarme” di una patologia dell’intimità, del timore cioè di lasciarsi andare temendo di subire restrizioni al proprio spazio d’azione e quindi un soffocamento della propria immagine personale.
La falsa intimità è quando ci sono esagerate idealizzazioni (necessarie soprattutto alla propria immagine) magari necessarie per curare ferite narcisistiche derivate da rapporti precedenti. La complicità di coppia è la meta più importante nel cammino tra due partner, ma per raggiungerla occorrono numerosi accomodamenti che sono le necessarie tappe per arrivare alla sintonia.
Numerosi uomini e donne spesso si innamorano di una fantasia piuttosto che della persona reale che sostengono di amare proprio per i bisogni, le aspirazioni, le ferite, i desideri nascosti. Il conoscersi è fondamentale proprio per non riversare sull'altro le proprie difficoltà relazionali, le proprie confusioni interne, le ansie accumulate nelle vicende affettive precedenti.
Conoscere il partner significa cominciare a cogliere la sua personalità e le sue peculiarità facendo attenzione a non cadere nelle generalizzazioni, nell'illusione di dare per scontato di accettarlo ed essere accettati a-criticamente. L’intimità si costruisce attraverso il gioco proprio perché l’aspetto ludico aiuta a cogliere la curiosità, la creatività e la magia, intesa come capacità di lasciare aperta la porta sul fantasmatico e di permettere, almeno ogni tanto, al “bambino che è in noi” di partecipare alla vita di coppia.
Essere creativi significa riuscire a coinvolgere il partner nei nostri desideri segreti e vivere insieme momenti di regressione cosiddetta infantile per recuperare le nostre potenzialità nascoste. L'intimità relazionale è proprio la capacità di condividere in modo privilegiato pensieri e fantasie con un'altra persona.
Una mancanza di complicità si ripercuote inevitabilmente anche in altre sfere esterne dal lavoro alla vita sociale; una volta “perduti i riferimenti” è come se la persona mancasse di coordinamento nelle sue attività. La mancanza di complicità significa inevitabilmente “crisi” del rapporto, ma saper affrontare la crisi guardandola come momento di evoluzione, è l'indice più significativo di un’ alleanza esistente tra i due partner nonostante il momento difficile.
La presenza di ideali condivisi e di strutture di coppia chiare e definite permette un arginamento dello stress soprattutto tenendo conto che oggi c'è una grande confusione tra norme,valori,regole e strutture della vita di coppia che si ripercuote in sensazioni di insicurezza, inadeguamento, ansietà, vergogna, colpa. Costruire la complicità significa, quindi, porre le basi per un “non sentirsi mai soli” nemmeno tra mille difficoltà (nel lavoro, con gli amici ,nelle situazioni stressanti ecc.).
In fin dei conti, vivere la complicità con il partner è sentire la presenza dell’altro con tutta la sua diversità dentro di noi, con amore e con rispetto,riuscendo a rivestire il ruolo di chi parla e di chi ascolta arrivando ad un senso critico di se stesso. Questo implica camminare sulla stessa strada verso una meta comune non rigorosamente determinata, ma modificabile sulla base delle rispettive esperienze e conoscenze che diventano “territorio di entrambi” come una sorta di patrimonio genetico condiviso con il meglio di sé.
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