http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/quelle-mani-di-fratelli.aspx
Immagini che dicono tutto
Quelle mani di
fratelli
È un video girato con un
cellulare. Dura un pugno di secondi. Risale a giugno, quando Benedetto XVI
venne a Milano e, lontano dalle telecamere, incontrò per l’ultima volta il
cardinale Martini. Il video è passato sui tg – grazie al Tgr Lombardia – e
si trova online anche sul nostro sito. Vale la pena di andarlo a guardare.
Dunque, in una stanza dell’arcivescovado di Milano Carlo Maria Martini attende
il Papa. Si è alzato in piedi per salutarlo, sforzo che gli deve essere costato
grande fatica. Il Papa arriva. Martini allunga la mano destra a prendere quella
di Benedetto.
Ma questi gli va incontro di slancio, col calore con cui si stringe un amico che non si vede da tanto. Invece che prendere semplicemente la mano del cardinale, Benedetto alza la sua ad afferrarlo per la spalla, e poi a serrarlo a sé. Il volto elegante di Martini – già come, nella sofferenza, scomposto e reso altro da quello che ricordavamo – si china su quello del Papa. Qui non si vede bene: Martini gli bacia la guancia, oppure gli sussurra qualcosa?
Ma ciò che è bello osservare è il gioco silenzioso delle mani. La destra di Benedetto che afferra la spalla del cardinale e la avvicina a sé con calore. La mano di Martini che dapprima sembra semplicemente ricambiare un gesto affettuoso; ma poi, quando si posa sul braccio del Papa, contrae le lunghe dita eleganti a stringerlo con forza. L’autore del video ha la prontezza di zoomare su quella mano; e così mostra come nello spazio di un secondo il gesto da formale si faccia vero, e quasi drammatico. È la stretta che un uomo che va affondando in un male incurabile può dare a una persona cara, come a aggrapparvisi, come a dire: resta con me.
Ho guardato e riguardato, anche facendolo scorrere più lentamente che nella realtà, quel gesto. C’è, in dieci secondi, qualcosa che contraddice ciò che da giorni ci sentiamo ripetere: Martini il rivale, Martini l’antipapa, Martini il simbolo di una Chiesa "moderna" e buona contro quella, oscurantista, di Roma. Certo, ci saranno stati negli anni disaccordi, differenze di vedute, anche tensioni.
Ma guardateli questi due, vecchi esattamente degli stessi anni (Martini del febbraio del ’27, Ratzinger dell’aprile), nell’attimo in cui si incontrano. Forse Martini non si aspettava il moto spontaneo del Papa? Ma è come se in quel gesto di un istante molte cose fossero dette, e compiute. E proprio la forza dell’abbraccio di Benedetto sembra generare un cambiamento impercettibile nella mano di Martini. Un attimo prima poteva essere solo un gesto affettuoso ma formale; un attimo dopo la mano del cardinale malato si tiene al Papa, come un naufrago si attacca a una roccia.
Ed è singolare come i pochi secondi di un video raccontino, sul rapporto fra il Papa e l’arcivescovo emerito di Milano, una storia diversa. Perché se anche fosse vera una divisione tra questi due, guardateli ora; tutto, nel linguaggio dei gesti, dice di un ritrovarsi più grande. Di una verità e di una benevolenza più magnanima di quella che sanno immaginare le parole dei giornali.
Ma cosa permette un abbraccio così, quando, passati gli ottanta, due uomini si ritrovano uno di fronte all’altro, ben conoscendosi nelle passioni e nei limiti di ognuno? Non basta una generosità vaga, un buonismo che chiuda gli occhi sulle incomprensioni. C’è qualcosa di più in quell’ abbracciare l’uno, e attaccarsi l’altro. C’è il riconoscere reciproco, nella faccia dell’altro, un testimone. Un ritrovarsi a ottantacinque anni vecchi fratelli, e cercatori dello stesso tesoro. C’è Cristo in quell’abbraccio, nel gioco di quelle mani segnate dal tempo.
E questa è - al di là di tutti i suoi peccati - la Chiesa: Cristo portato fra gli uomini con la propria povera faccia, vasi di creta eppure riempiti misteriosamente di oro. Questa - con tutti i suoi peccati - è la Chiesa. La cui essenza stranamente sfugge ai più acuti indagatori di Vatileaks. C’è dell’altro, nella Chiesa, che non è misurabile nei termini con cui si pesa un partito, un’ideologia o una multinazionale. Guardateli quei due vecchi, e come Martini sembra ancorarsi a Benedetto. C’è un altro lì dietro, testimone e garante: di un amore umanamente incomprensibile, che dura per sempre, che non tradisce, che ostinatamente perdona.
Ma questi gli va incontro di slancio, col calore con cui si stringe un amico che non si vede da tanto. Invece che prendere semplicemente la mano del cardinale, Benedetto alza la sua ad afferrarlo per la spalla, e poi a serrarlo a sé. Il volto elegante di Martini – già come, nella sofferenza, scomposto e reso altro da quello che ricordavamo – si china su quello del Papa. Qui non si vede bene: Martini gli bacia la guancia, oppure gli sussurra qualcosa?
Ma ciò che è bello osservare è il gioco silenzioso delle mani. La destra di Benedetto che afferra la spalla del cardinale e la avvicina a sé con calore. La mano di Martini che dapprima sembra semplicemente ricambiare un gesto affettuoso; ma poi, quando si posa sul braccio del Papa, contrae le lunghe dita eleganti a stringerlo con forza. L’autore del video ha la prontezza di zoomare su quella mano; e così mostra come nello spazio di un secondo il gesto da formale si faccia vero, e quasi drammatico. È la stretta che un uomo che va affondando in un male incurabile può dare a una persona cara, come a aggrapparvisi, come a dire: resta con me.
Ho guardato e riguardato, anche facendolo scorrere più lentamente che nella realtà, quel gesto. C’è, in dieci secondi, qualcosa che contraddice ciò che da giorni ci sentiamo ripetere: Martini il rivale, Martini l’antipapa, Martini il simbolo di una Chiesa "moderna" e buona contro quella, oscurantista, di Roma. Certo, ci saranno stati negli anni disaccordi, differenze di vedute, anche tensioni.
Ma guardateli questi due, vecchi esattamente degli stessi anni (Martini del febbraio del ’27, Ratzinger dell’aprile), nell’attimo in cui si incontrano. Forse Martini non si aspettava il moto spontaneo del Papa? Ma è come se in quel gesto di un istante molte cose fossero dette, e compiute. E proprio la forza dell’abbraccio di Benedetto sembra generare un cambiamento impercettibile nella mano di Martini. Un attimo prima poteva essere solo un gesto affettuoso ma formale; un attimo dopo la mano del cardinale malato si tiene al Papa, come un naufrago si attacca a una roccia.
Ed è singolare come i pochi secondi di un video raccontino, sul rapporto fra il Papa e l’arcivescovo emerito di Milano, una storia diversa. Perché se anche fosse vera una divisione tra questi due, guardateli ora; tutto, nel linguaggio dei gesti, dice di un ritrovarsi più grande. Di una verità e di una benevolenza più magnanima di quella che sanno immaginare le parole dei giornali.
Ma cosa permette un abbraccio così, quando, passati gli ottanta, due uomini si ritrovano uno di fronte all’altro, ben conoscendosi nelle passioni e nei limiti di ognuno? Non basta una generosità vaga, un buonismo che chiuda gli occhi sulle incomprensioni. C’è qualcosa di più in quell’ abbracciare l’uno, e attaccarsi l’altro. C’è il riconoscere reciproco, nella faccia dell’altro, un testimone. Un ritrovarsi a ottantacinque anni vecchi fratelli, e cercatori dello stesso tesoro. C’è Cristo in quell’abbraccio, nel gioco di quelle mani segnate dal tempo.
E questa è - al di là di tutti i suoi peccati - la Chiesa: Cristo portato fra gli uomini con la propria povera faccia, vasi di creta eppure riempiti misteriosamente di oro. Questa - con tutti i suoi peccati - è la Chiesa. La cui essenza stranamente sfugge ai più acuti indagatori di Vatileaks. C’è dell’altro, nella Chiesa, che non è misurabile nei termini con cui si pesa un partito, un’ideologia o una multinazionale. Guardateli quei due vecchi, e come Martini sembra ancorarsi a Benedetto. C’è un altro lì dietro, testimone e garante: di un amore umanamente incomprensibile, che dura per sempre, che non tradisce, che ostinatamente perdona.
Marina Corradi
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