Sabato 6 dicembre nel pomeriggio faremo un incontro con i fidanzati che hanno appena terminato il corso aprendolo a qualche coppia del corso precedente. Si tratta di un incontro ludico gastronomico; ci dedichiamo un'orettina a riflettere sul tema dell'avvento e dell'attesa. Riporto una sintesi preparata da Mariangela del brano :
VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Luca 1, 26-38a
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
Parola di Dio
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
Parola di Dio
L’ATTESA
L’attesa è l’atteggiamento al quale ci spinge in ogni momento il tempo dell’Avvento.
L’attesa è carica di tensione, ma di una tensione positiva.
Chi attende è orientato ad una meta. Attendere provoca questi due atteggiamenti in noi: l’ampiezza dello sguardo e l’attenzione all’attimo, a quanto stiamo vivendo, alle persone con le quali stiamo parlando. L’attesa allarga il cuore. Quando attendo io sente che non basto a me stesso.
Nell’attesa usciamo da noi stessi verso colui che tocca il nostro cuore, che lo battere con più forza, colmando la nostra attesa.
Oggi molti non riescono più ad attendere. Vivono il tempo di Avvento non come tempo di attesa, ma già come un Natale passato o come se fosse sempre Natale. I bambini non aspettano che la cioccolata sia messa nella borsa della spesa, devono mangiarla subito ancor prima che sia pagata alla cassa del supermercato.
In tutto questo c’è qualcosa di importante: chi non sa aspettare non svilupperò mai un forte io. Dovrà per forza soddisfare ogni bisogno immediatamente, ma diventerà allora completamente dipendente da qualsiasi bisogno. L’attesa ci rende liberi dentro, se sappiamo aspettare finchè il nostro bisogno sia soddisfatto, siamo in grado di sopportare la tensione che l’attesa suscita in noi.
La meta dell’attesa del Avvento è una festa, la festa della nostra umanizzazione, del nostro entrare in comunione con Dio: attendiamo colui che CI RILEVA come è Dio.
Attendiamo il compimento della nostra nostalgia più profonda. Per Sant’Agostino la nostalgia è la condizione di fondo dell’essere umano che, per sua natura, ha nostalgia di Dio. Ogni desiderio terreno risuona questa nostalgia estrema di Dio: l’ottenere fama, successo, ricchezza, forme di appagamento non soddisfano l’essere più intimo.
Allora riconosciamo che noi siamo più di quanto ci possiamo dare. L’attesa ci mostra che il nostro vero essere deve esserci donato.
(Riflessioni tratte da “Natale – celebrare un nuovo inizio” di A. Grun)
L’attesa è l’atteggiamento al quale ci spinge in ogni momento il tempo dell’Avvento.
L’attesa è carica di tensione, ma di una tensione positiva.
Chi attende è orientato ad una meta. Attendere provoca questi due atteggiamenti in noi: l’ampiezza dello sguardo e l’attenzione all’attimo, a quanto stiamo vivendo, alle persone con le quali stiamo parlando. L’attesa allarga il cuore. Quando attendo io sente che non basto a me stesso.
Nell’attesa usciamo da noi stessi verso colui che tocca il nostro cuore, che lo battere con più forza, colmando la nostra attesa.
Oggi molti non riescono più ad attendere. Vivono il tempo di Avvento non come tempo di attesa, ma già come un Natale passato o come se fosse sempre Natale. I bambini non aspettano che la cioccolata sia messa nella borsa della spesa, devono mangiarla subito ancor prima che sia pagata alla cassa del supermercato.
In tutto questo c’è qualcosa di importante: chi non sa aspettare non svilupperò mai un forte io. Dovrà per forza soddisfare ogni bisogno immediatamente, ma diventerà allora completamente dipendente da qualsiasi bisogno. L’attesa ci rende liberi dentro, se sappiamo aspettare finchè il nostro bisogno sia soddisfatto, siamo in grado di sopportare la tensione che l’attesa suscita in noi.
La meta dell’attesa del Avvento è una festa, la festa della nostra umanizzazione, del nostro entrare in comunione con Dio: attendiamo colui che CI RILEVA come è Dio.
Attendiamo il compimento della nostra nostalgia più profonda. Per Sant’Agostino la nostalgia è la condizione di fondo dell’essere umano che, per sua natura, ha nostalgia di Dio. Ogni desiderio terreno risuona questa nostalgia estrema di Dio: l’ottenere fama, successo, ricchezza, forme di appagamento non soddisfano l’essere più intimo.
Allora riconosciamo che noi siamo più di quanto ci possiamo dare. L’attesa ci mostra che il nostro vero essere deve esserci donato.
(Riflessioni tratte da “Natale – celebrare un nuovo inizio” di A. Grun)
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