mercoledì 24 dicembre 2008

OGGI E' NATOIL SALVATORE

VANGELO

Lettura del Vangelo secondo Luca 2, 1-14

In quei giorni. Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli / e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Rit.: Oggi è nato per noi il Salvatore.
Cantate al Signore, uomini di tutta la terra.Cantate al Signore, benedite il suo nome,annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.In mezzo alle genti narrate la sua gloria,a tutti i popoli dite le sue meraviglie. ®
Gioiscano i cieli, esulti la terra,risuoni il mare e quanto racchiude;sia in festa la campagna e quanto contiene,acclamino tutti gli alberi della foresta. ®
Acclamino davanti al Signore che viene:sì, egli viene a giudicare la terra;giudicherà il mondo con giustiziae nella sua fedeltà i popoli. ®



«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». (Lc 2, 14 )
Il Signore che nasce è bisognoso di tutto. Nascere nel segno della povertà è il linguaggio con cui Dio vuole farci capire che solo imitandolo in questo vivere senza pretese, essenziale, possiamo lasciare il nostro segno di amore nella concretezza della quotidianità. Dio che sta fra le braccia di una madre per insegnarci l’accoglienza; Dio avvolto in fasce per insegnarci come amare concretamente anche nei semplici gesti di ogni giorno; Dio ospitato in una grotta per insegnarci uno stile di vita dove la condivisione, anche del poco, è il segreto della pace vera. Il Signore viene a riempire gli spazi delle nostre povertà, per insegnarci quella solidarietà che ci fa aprire le mani per donare, che ci fa, dove necessario, pagare di persona per ritornare alla gioia della fraternità sincera.

martedì 23 dicembre 2008


E’ passato un anno … …

Oggi è lunedì 22 dicembre, è passato un anno da quel famoso sabato! Ora il ricordo frenetico di quelle ore si sta pian piano spegnendo … …
Mi ritornano in mente i giorni successivi passati in ospedale, la paura delle conseguenze, le prime uscite! Mi sentivo debole, inerme, e soprattutto incerto sul futuro! Cosa sarebbe successo dopo quel giorno? Sarei tornato a fare una vita come prima? Cosa mi aspettava? Avrei ripreso a lavorare normalmente? E a correre?
I giorni sono passati, il malore non aveva causato alcun danno cerebrale; questo era già una buona cosa! E dopo un po’ di giorni ribaltato di visite, analisi ed esami approfonditi, si ipotizza la causa!
Arrivano le dimissioni , paura!!! Venire a casa è bello ma … … se succede qualcosa? In effetti i primi quindici giorni è riposo assoluto esco poco, non riesco a sopportare il freddo! Ogni incontro è una forte emozione! Bisogna riprendere piano piano, c’è un equilibrio molto precario che va rispettato! La prospettiva ora è un intervento al cuore per sistemare un dispositivo (ombrellino) che blocchi la possibilità di nuove ischemie. L’ intervento molto semplice viene programma per aprile e dopo due mesetti di riposo è ora di riprendere a lavorare!
Il Cardiochirurgo ci dà sicurezza sulla semplicità dell’intervento e mi assicura che posso riprendere una discreta attività sportiva! Piano piano riprendo a corricchiare sempre accompagnato da Mariangela, all’inizio faccio un po’ fatica ma poi, sento di stare meglio! E’ proprio un miracolo, l’idea di poter uscire e fare qualche chilometro è fonte di grande gioia per me e per Mariangela.
Ora il prossimo appuntamento è fissato all’ospedale di San Donato! Il mesetto di lavoro passa velocemente ed eccomi pronto per l’entrate in ospedale è il 23 aprile e puntuale all’appuntamento l’ Andrea mi accompagna!
L’impressione è molto diversa dal primo ricovero, il reparto è caotico, frenetico, entri e il giorno dopo sei operato, non hai alcun vicino di letto in quanto è un continuo scambio di letti e persone! Quanta gente da tutta Italia! Mi sento un po’ a disagio io abito a tre/quattro chilometri da qui e c’è gente che arriva dalla Sicilia!
L’operazione è una passeggiata anzi una dormitina! Mi sveglio tutto fatto, il giorno dopo sono in piedi e il primo maggio ci sta anche una biciclettata al parco dell’Idroscalo. Passa il tempo arrivano i controlli, l’aggeggio è sistemato bene ed ho l’ok per riprendere l’attività sportiva come prima, c’è solo un piccolo inghippo, l’ombrellino non chiude ancora il foro bisognerà aspettare il controllo dell’anno! Il Cardiochirurgo ci tranquillizza! Rientra nella normale casistica, bisogna avere pazienza.
Passano le vacanze si riprendono le attività lavorative gli impegni, l’attività sportiva grazie alla insistenza positiva del Marco si intensifica! Ora non sento la mancanza di gare, corro per il gusto di correre, faccio molta meno fatica! Correre è un piacere immenso, la fatica si sente poco!
In questo anno tante cose sono cambiate, abitudini la casa ma soprattutto è cambiato il mio rapporto con le persone le cose e le situazioni che vivo!

venerdì 19 dicembre 2008

LA FIABA.......





IL PICCOLO ALBERO DI NATALE
di Giulio Gavino

C’era una volta un piccolo albero di Natale che, quando parlava con mamma albero di Natale e papà albero di Natale, non vedeva l’ora di poter mettersi addosso le palline colorate, i festoni argentati e le lampadine. Sognava ogni notte il suo momento, entrare nel salotto buono, gustarsi i sorrisi gli auguri in famiglia, lasciarsi sfuggire una lacrima di resina dalla contentezza.
E venne finalmente il giorno del piccolo albero di Natale. Venne scelto quasi per caso tra tanti amici alberi di Natale anche loro.

Pensava: "Adesso è venuto il mio momento, adesso sono diventato grande".
Il viaggio fu lungo, incappucciato di stoffa bagnata per non perdere il verde luminoso dei rami ancora giovani. Tornata la luce, il piccolo albero di Natale si trovò nella casa di una famiglia povera. Niente palline, niente festoni, solo il suo verde scintillante faceva la felicità dei bambini che lo stavano a guardare con gli occhi all’insù, affascinati. Era il loro primo albero di Natale. Subito fu deluso, sperava di poter dominare una sala ricca di regali e di addobbi eleganti.
Ma passarono i giorni e si abituò a quella casa povera ma ricca di amore. Nessuno aveva l’ardire di toccarlo. Venne la sera di natale e furono pochi i regali ai suoi piedi ma tanti i sorrisi di gioia dei bambini che per giorni erano rimasti a guardarli sotto il suo sguardo severo per cercare di indovinare che cosa ci fosse dentro. Venne il pranzo di Natale, niente di speciale. Venne Capodanno, con un brindisi discreto, ma auguri sinceri. E venne anche l’Epifania e il momento di andare via. Questa volta non lo incappucciarono. Lo tolsero dal vaso, gli bagnarono le radici e tutta la famiglia lo accompagnò verso il bosco. Era felice di ritornare con mamma albero di Natale e papà albero di Natale.


Passando per la strada vide tanti suoi amici, ancora con le palline colorate e i fili d’oro e d’argento, che lo salutavano. Ma c’era qualcosa di strano, erano tutti nei cassonetti della spazzatura, ricchi e sventurati, piangevano anche loro resina, ma non per la contentezza. Chissà dove sarebbero finiti!
Ora il piccolo albero di Natale è diventato un abete grande e possente, ha visto tanti figli andare in vacanza per le feste. Qualcuno è ritornato, sano o con un ramo spezzato. Lui guarda da lontano la città dove i bambini del suo Natale lo hanno amato e rispettato. Perché è un albero di Natale, albero di Natale tutto l’anno, perché Natale non vuol dire essere buoni e bravi solo il 25 dicembre, perché Natale può essere ogni giorno. Basta volerlo come quel piccolo albero di Natale che ci tiene compagnia sulla montagna, anche se lontano, anche se non lo vediamo.
E c’era una volta e c’è ancora oggi, un albero di Natale. Sempre diverso e sempre uguale, quasi un caro amico di famiglia che si presenta ogni anno per le vacanze, le sue vacanze, da Santa Lucia all’Epifania. Grande, piccolo, verde o dorato, testimone di ogni Natale, un amico con il quale aspettare l’apertura dei regali e l’occasione buona per scambiarsi gli auguri, per fare la pace, per dirsi anche una parola d’amore. E tutti vogliamo bene all’albero di Natale, ogni anno disposti ad arricchire il suo abbigliamento con nuove palline colorate, un puntale illuminato e addobbi d’oro e d’argento. È cresciuto con noi, cambiato ogni anno, sempre più bello agli occhi di chi guarda, occhi di bambino, ma anche occhi di adulto che vuole tornare bambino. Per quei giorni di festa è lui a fare la guardia al focolare, a salutare quando si rientra a casa, a tenere compagnia a chi è solo. Una presenza che conforta, non solo nell’anima. È meglio se l’albero è di quelli con le radici, pronto a dismettere l’albero della festa e a compiere il suo dovere in mezzo ai boschi, a diventare grande, libero e felice.

mercoledì 17 dicembre 2008

VIENI SIGNORE VIENI MARANATHA'

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Luca 1, 1-17

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».
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«E preparare al Signore un popolo ben disposto».
(Lc 1,17b)
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COMMENTO.
Gesù è il compimento della promessa di cui Dio ha fatto depositario Israele a favore di tutti i popoli. Per tutti la salvezza avviene attraverso le “cose impossibili”, Giovanni, dono di Dio, il frutto di Elisabetta e Zaccaria è dono del cielo e attraverso questo dono si manifesta il Dono più grande. Giovanni camminerà con il suo popolo e lo aiuterà a riconciliare i padri con i figli e i figli con i padri; a riconciliarsi con il passato e il futuro nella tradizione dello ”Shema Israel” che il padre trasmette al figlio rendendolo partecipe della stessa promessa.
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Preghiamo
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Ascolta Israele:
il Signore è il nostro Dio,
il Signore è uno solo.
Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore,
con tutta l’anima e con tutte le forze.
Questi precetti che oggi ti dò,
ti stiano fissi nel cuore;
li ripeterai ai tuoi figli,
ne parlerai quando sarai seduto in casa tua,
quando camminerai per via,
quando ti coricherai e quando ti alzerai.(Dt 6, 4-7)

martedì 16 dicembre 2008


Spazio Famiglia: La coppia e la genitorialità

di Angelo Peluso
Le scelte sulla genitorialità sono un aspetto spesso trascurato durante la fase di fidanzamento perché si dà per scontato che siano argomenti da affrontare in futuro. In realtà non è sempre così semplice soprattutto perché nel tempo possono emergere significative differenze sull’accettazione o meno di un figlio, sui tempi giusti per diventare papà e mamma, sui principi educativi su cui basare la famiglia stessa.Ci sono aspetti etici individuali che troppo spesso vengono messi da parte con superficialità e sui quali necessita un’adeguata formazione della coppia per evitare situazioni di forte disagio.La coppia deve prepararsi alla nascita del primo figlio conoscendo bene il significato della genitorialità e di cosa questo comporti nella nuova fase evolutiva. Il figlio propone sempre una piccola rivoluzione non solo all’interno della casa, ma soprattutto nella psiche di entrambi. È opportuno non trascurare quei momenti difficili che molte donne (e anche alcuni uomini talvolta ) vivono durante la gravidanza o subito dopo il parto. Ancora una volta la comunità deve saper essere presente perché solo la vicinanza di altri fa superare eventuali crisi di inadeguatezza che possono sfociare in depressione.La gioia dell’arrivo del bambino rimette in moto tutta una serie di scelte, da quella del nome a quella dei vari arredi. L’importante è sempre essere due nel decidere e nel valutare. E poi non dimentichiamoci dei sogni che si riversano sul pargoletto in arrivo.Quello che conta è che la donna non si senta mai sola e che il marito sia sempre vicino passo dopo passo, dalle visite ginecologiche fino al momento del parto.Il bambino deve essere realmente presente nella mente dei partner prima ancora di essere concepito altrimenti rappresenta solo un qualcosa in più e non entra a far parte del progetto di coppia.I retorici e tradizionali argomenti relativi al sesso del nascituro o sul suo futuro sono meno rilevanti dei nuovi impegni - spesso sottovalutati - che seguiranno al parto.Le scelte pedagogiche, i nuovi confini con i nonni che certamente cercheranno di proporre i loro modelli, la nuova identità personale e la nuova immagine sociale diverranno argomento di confronto all’interno della coppia in questa nuova fase evolutiva del rapporto. Molti purtroppo non accettano il nuovo ruolo.Uno dei temi molto trattati nelle ricerche psicologiche è “il sentirsi escluso del papà” dal rapporto madre-figlio. Questo fenomeno è oggi meno rilevante sia perché esiste una preparazione maggiore alla genitorialità sia perché parlandone spesso sulla stampa si previene un po’ il problema. Per essere certi di favorire la nascita del bambino in un clima sereno e psicologicamente favorevole, bisogna favorire la presenza dei papà nei corsi di preparazione alla nascita e nella stessa sala parto. Molti problemi sono stati dovuti ad una cultura di esclusione del papà da un evento così importante mentre in realtà una partecipazione profonda all’arrivo del figlio fortifica quella complicità di cui stiamo tanto parlando.La necessità di cambiare abitudini, il restringere il proprio spazio personale e rinunciare definitivamente ad una sorta di adolescenzialità sono fasi interminabili del “nuovo rapporto a tre”, ma anche momento di svolta nel ciclo vitale.Del resto il bambino idealizzato con il quale si è convissuto per nove mesi oltre ad essere una realtà troppo bella con cui confrontarsi, rappresenta per i coniugi anche l’occasione di un incontro diverso con i propri genitori nei cui panni ora è più facile entrare.Il bambino deve creare solo unione e eventuali riavvicinamenti, favorire la crescita del suo papà e della sua mamma, pronti a rielaborare il loro vissuto come figli ora che sono passati dall’altra parte.La coppia deve stare molto attenta perciò affinché nessuno li espropri del loro fondamentale ruolo pedagogico verso il figlio e permettere ai nonni di recitare la loro parte sempre senza invadere o peggio senza impossessarsi del nipote col pretesto dell’inesperienza dei nuovi genitori.È un tema scottante purtroppo perché non è sempre di così facile soluzione. Anche in questo caso il consiglio saggio è quello di confrontarsi con altri coniugi o con un consulente familiare per studiare insieme le opportune strategie che accontentino tutti.Tutti i nonni devono dare il loro contributo e fornire i loro saggi consigli: la bravura della coppia sta nel saperli strategicamente accontentare e renderli felici, avendo una “forte consapevolezza interiore condivisa” di non lasciarsi condizionare eccessivamente. Ancora una volta emerge la forza della complicità coniugale per impedire atmosfere negative in cui ci si possa sentire imprigionati.Uno dei pericoli più nefasti è quando la coppia stessa favorisce differenziazioni di comportamenti con i vari nonni, alimentando di fatto conflitti allargati tra le famiglie e malinconiche chiusure interiori in ognuno dei due partner.

lunedì 15 dicembre 2008

SALITA IN NOTTURA AL SAN PRIMO


Sono le 21.45 di venerdì 12 dicembre con la solita puntualità arriva la macchina di Marco attrezzata per l’eventualità di incontrare neve sulla strada. Ho preparato di corsa quattro cose da portar via, zainetto merenda acqua giacchetta antivento scarponi e qualcos’altro. Partiamo e come al solito c’è eccitazione ed agitazione!
Facciamo sosta in un bar dopo Erba, la temperatura è freddina ma quello che più preoccupa è la forte pioggia. Iniziamo a salire e giunti al Ghisallo la neve ai bordi della strada supera i 40 cm, deviazione per Pian rancio e quindi frazione SanPrimo dove la neve ormai imbianca la strada e la forte pioggia è una bella nevicata.
Qualche minuto di preparazione, su gli scarponi le ghette giacca antivento e via si parte. Bastonicini per mantenere l’equilibrio guanti doppio cappello e luce frontale. Si sale per un 45 minuti sul versante opposto a quello del San Primo per raggiungere la cresta; La salita è un po’ lenta in quanto seguiamo le orme degli sci di qualche precedente ascensione e nella prima parte non occorre nemmeno accendere le luci! Il bagliore della neve è fantastico.
Il passo è cadenzato costante l’apripista è sempre lui il nostro guru, il Marco, io e Fabio seguiamo le sue orme che ogni tanto sprofondano fino al ginocchio! Passa velocemente questo primo tratto e non ci si accorge che la nevicata è più forte ora siamo in cresta e il vento di traverso è forte e freddo! La neve che batte in faccia fa quasi male!
Sulla cresta intanto il tempo si fa più cupo e chiuso le nuvole basse e la forte nevicata ci obbliga ad accendere le luci e a diminuire la velocità!
Ora la neve è più fresca e si sprofonda di più (fino all’inguine) e riuscire ad alzarsi è faticosissimo. Arriviamo alla fine degli impianti di risalita breve pausa si beve e si riparte; ora sto davanti io! La fatica si fa sentire di più perché non ci sono orme da seguire, raggiungiamo un piccolo pianoro e i cartelli completamente innevati indicano la vetta ad un’ora; noi ormai camminiamo da due ore e ci sfiora l’ipotesi di non riuscire a raggiungerla.
La cresta è terribile! da sinistra arriva un vento gelido che ti sbatte in faccia neve ghiacciata!
Camminiamo distanziati per cinquanta minuti, ognuno cerca di concentrarsi, nel più completo silenzio, io sto pensando a papà e alla nonna delfina (mi accompagnano) oggi è 13 dicembre giorno della loro morte! Sono le due del mattino e ad ogni passo si sprofonda sempre di più! la neve è troppo fresca! Siamo arrivati quasi in vetta ma ...
Mi fermo per ricompattare il gruppo e in lontananza si vedono le due lucine che in poco tempo mi raggiungono decidiamo di ritornare in dietro, per non fare troppo tardi.
E’ un peccato! Sarà per un ’altra volta, bisognava partire prima!
Fermarsi ci ha raffreddati: Iniziano a far male le mani, le dita non le senti più! In discesa il peso e la spinta ci fanno affondare di più! Arriviamo ai ripetitori ci fermiamo a bere un tè in un posto un po’ riparato per riscaldarci!
Si riparte il Marco davanti e dietro io e Fabio! La forte nevicata sta cancellando le nostre orme della salita e a fatica riusciamo a trovare la deviazione da dove siamo giunti!
Ora bisogna fare più attenzione, sbagliare sentiero sarebbe pericoloso! Sono ormai le quattro, scendiamo velocemente e la nevicata rallenta si apre anche il cielo e affaticati raggiungiamo la macchina!
Fa un po’ freddo bisogna cambiarsi per evitare di rimanere umidi! La camminata è finita e malgrado non siamo arrivati alla meta siamo comunque soddisfatti e contenti di rientrare a casa. Grazie Fabio e Marco!

giovedì 11 dicembre 2008

VIENI SIGNORE VIENI MARANATHA'

VANGELO


Lettura del Vangelo secondo Matteo 21, 18-22
La mattina dopo, mentre rientrava in città, il Signore Gesù ebbe fame. Vedendo un albero di fichi lungo la strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: «Mai più in eterno nasca un frutto da te!». E subito il fico seccò. Vedendo ciò, i discepoli rimasero stupiti e dissero: «Come mai l’albero di fichi è seccato in un istante?». Rispose loro Gesù: «In verità io vi dico: se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che ho fatto a quest’albero, ma, anche se direte a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, ciò avverrà. E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete».

mercoledì 3 dicembre 2008

VIENI SIGNORE VIENI MARANATHA'

Vieni Signore Gesù, disponi i nostri cuori alla vigilante attesa della tua Avvenuta! Purifica i nostri cuori impuri da essi provengono propositi malvagi, omicidi, adultèri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie.



VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Matteo 15, 10-20
In quel tempo Riunita la folla, il Signore Gesù disse loro: «Ascoltate e comprendete bene! Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l’uomo!». Allora i discepoli si avvicinarono per dirgli: «Sai che i farisei, a sentire questa parola, si sono scandalizzati?». Ed egli rispose: «Ogni pianta, che non è stata piantata dal Padre mio celeste, verrà sradicata. Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!». Pietro allora gli disse: «Spiegaci questa parabola». Ed egli rispose: «Neanche voi siete ancora capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e viene gettato in una fogna? Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende impuro l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adultèri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie. Queste sono le cose che rendono impuro l’uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende impuro l’uomo».
Parola di Dio.
Preghiamo
Signore,la tua bontà mi ha creato,
la tua misericordia ha cancellato i miei peccati,
la tua pazienza fino ad oggi mi ha sopportato…
Tu attendi, o Signore misericordioso,
la mia conversionee io attendo la tua grazia
per raggiungere, attraverso la conversione,una vita secondo la tua volontà.
(Anselmo di Aosta)
VIENI SIGNORE VIENI, MARANATHA'!

martedì 2 dicembre 2008

Sabato 6 dicembre nel pomeriggio faremo un incontro con i fidanzati che hanno appena terminato il corso aprendolo a qualche coppia del corso precedente. Si tratta di un incontro ludico gastronomico; ci dedichiamo un'orettina a riflettere sul tema dell'avvento e dell'attesa. Riporto una sintesi preparata da Mariangela del brano :






VANGELO

Lettura del Vangelo secondo Luca 1, 26-38a
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
Parola di Dio





L’ATTESA
L’attesa è l’atteggiamento al quale ci spinge in ogni momento il tempo dell’Avvento.
L’attesa è carica di tensione, ma di una tensione positiva.
Chi attende è orientato ad una meta. Attendere provoca questi due atteggiamenti in noi: l’ampiezza dello sguardo e l’attenzione all’attimo, a quanto stiamo vivendo, alle persone con le quali stiamo parlando. L’attesa allarga il cuore. Quando attendo io sente che non basto a me stesso.
Nell’attesa usciamo da noi stessi verso colui che tocca il nostro cuore, che lo battere con più forza, colmando la nostra attesa.
Oggi molti non riescono più ad attendere. Vivono il tempo di Avvento non come tempo di attesa, ma già come un Natale passato o come se fosse sempre Natale. I bambini non aspettano che la cioccolata sia messa nella borsa della spesa, devono mangiarla subito ancor prima che sia pagata alla cassa del supermercato.
In tutto questo c’è qualcosa di importante: chi non sa aspettare non svilupperò mai un forte io. Dovrà per forza soddisfare ogni bisogno immediatamente, ma diventerà allora completamente dipendente da qualsiasi bisogno. L’attesa ci rende liberi dentro, se sappiamo aspettare finchè il nostro bisogno sia soddisfatto, siamo in grado di sopportare la tensione che l’attesa suscita in noi.
La meta dell’attesa del Avvento è una festa, la festa della nostra umanizzazione, del nostro entrare in comunione con Dio: attendiamo colui che CI RILEVA come è Dio.
Attendiamo il compimento della nostra nostalgia più profonda. Per Sant’Agostino la nostalgia è la condizione di fondo dell’essere umano che, per sua natura, ha nostalgia di Dio. Ogni desiderio terreno risuona questa nostalgia estrema di Dio: l’ottenere fama, successo, ricchezza, forme di appagamento non soddisfano l’essere più intimo.
Allora riconosciamo che noi siamo più di quanto ci possiamo dare. L’attesa ci mostra che il nostro vero essere deve esserci donato.

(Riflessioni tratte da “Natale – celebrare un nuovo inizio” di A. Grun)

lunedì 1 dicembre 2008

Pregare....

Articolo apparso su l'Avvenire del 30/11/2008 segnalato da Marco
Cme pregare durante il giorno? La tradizione della Chiesa raccomanda di pregare sette volte al giorno. Perché? Una prima ragione è che il popolo d’Israele offriva il proprio tempo a Dio in sette preghiere quotidiane, in momenti fissi, nel Tempio o almeno voltati verso di esso: «Sette volte al giorno io ti lodo» ci rammenta il salmista (Salmo 118,164). Una seconda ragione è che il Cristo stesso ha pregato così, fedele alla fede del popolo di Dio. La terza ragione è che i discepoli di Gesù hanno pregato così: gli apostoli (vedi Atti 3,1: Pietro e Giovanni) e i primi cristiani di Gerusalemme «assidui nelle preghiere» (vedi Atti 2,42; 10,3-4: Cornelio nella sua visione); poi le comunità cristiane e, più tardi, le comunità monastiche. E così anche i religiosi e le religiose, i preti, sono stati chiamati a recitare o a cantare in sette riprese le «ore» dell’«ufficio» (che significa «dovere», «incarico», «missione» di preghiera), facendo una pausa per cantare i salmi, meditare la Scrittura, intercedere per i bisogni degli uomini e rendere gloria a Dio. La Chiesa invita ogni cristiano a scandire la propria giornata con una preghiera ripetuta, deliberata, voluta per amore, fede, speranza. Prima di sapere se è bene pregare due, tre, quattro, cinque, sei, sette volte al giorno, un consiglio pratico: associate i momenti di preghiera a gesti fissi, a punti di passaggio obbligati che scandiscono le vostre giornate. Per esempio: per coloro che lavorano e in genere hanno orari stabili, esiste pure un momento in cui lasciate il vostro domicilio e vi recate al lavoro ... a piedi o in auto, in metropolitana o in autobus. A un orario preciso. E ciò vi prende un determinato tempo, sia all’andata sia al ritorno. Perché quindi non associare dei tempi di preghiera a quelli di spostamento? Secondo esempio: siete madre di famiglia e rimanete a casa, ma avete dei figli da portare e riprendere a scuola in momenti precisi della giornata. Un altro obbligo che segna una pausa: i pasti, anche se a causa di forza maggiore o cattiva abitudine mangiate solo un panino o pranzate in piedi. Perché non trasformare queste interruzioni nella giornata in punti di riferimento per una breve preghiera? Sì, andate a cercare nella vostra giornata questi momenti più o meno regolari di interruzione delle occupazioni, di cambiamento nel ritmo di vostra vita: inizio e fine del lavoro, pasti, tempi di viaggio ecc. Associate a questi momenti la decisione di pregare, anche solo per un breve istante, il tempo di fare l’occhiolino a Dio. Datevi l’obbligo rigoroso, qualunque cosa accada, di consacrare quindi anche solo trenta secondi o un minuto a dare un nuovo orientamento alle vostre diverse occupazioni sotto lo sguardo di Dio. La preghiera così, pervaderà quanto vi sarà dato vivere. Quando andate al lavoro forse intanto rimuginate sui colleghi che ritroverete, sulle difficoltà da affrontare in un ufficio in cui lavorate in due o in tre; le personalità cozzano maggiormente quando la vicinanza è troppo stretta e quotidiana. Chiedete a Dio in anticipo: «Signore, fa che io viva questo rapporto quotidiano nella vera carità. Permettimi di scoprire le esigenze dell’amore fraterno nella luce della Passione di Cristo che mi renderà sopportabile lo sforzo richiesto». Se lavorate in un grande centro commerciale, forse rimuginerete sulle centinaia di volti che vi scorreranno davanti senza che abbiate il tempo di guardarli. Chiedete a Dio in anticipo: «Signore, ti prego per tutte quelle persone che passeranno davanti a me e alle quali cercherò di sorridere. Anche se non ne ho la forza quando mi insultano e mi trattano come fossi una macchina calcolatrice». Insomma, approfittate al meglio, durante la vostra giornata, di questi punti di passaggio obbligati, dei momenti in cui disponete di un po’ di margine e vi lasciano, se siete vigili, un piccolo spazio di libertà interiore per riprendere fiato in Dio. Si può pregare nella metropolitana o sui mezzi pubblici? Io l’ho fatto. Ho utilizzato diversi metodi secondo i momenti della mia vita o le circostanze. Ci fu un tempo in cui mi ero abituato a mettere i tappi nelle orecchie per isolarmi e poter avere un minimo di silenzio, tanto ero esasperato dal rumore. Pregavo così, senza per questo tagliar fuori le persone che mi erano attorno visto che potevo ancora essere presente a essi con lo sguardo, senza però scrutarli, senza fissarli, senza essere indiscreto nel modo di guardarli. Il silenzio fisico dell’orecchio mi permetteva di essere ancora più libero nell’accoglienza. In altri periodi, invece, ho vissuto un’esperienza esattamente contraria. Ognuno di noi fa come può, ma in nessun caso dobbiamo ritenere che sia impossibile pregare. Ecco un altro suggerimento. Scommetto che lungo il vostro tragitto, dalla stazione della metropolitana o dalla fermata dell’autobus fino a casa o al posto di lavoro, potete incontrare, nel raggio di trecento o cinquecento metri, una chiesa o una cappella (una piccola deviazione vi consentirebbe di camminare un po’). A Parigi si può fare. In quella tal chiesa potete pregare in tranquillità o, al contrario, essere continuamente disturbati; può essere adatta o meno alla vostra sensibilità: questo è un altro discorso. Ma c’è una chiesa con il Santissimo Sacramento. Perciò, camminate per qualche centinaio di metri in più; vi ci vorranno dieci minuti, e un po’ d’esercizio non farà male alla vostra linea ... Entrate in chiesa e andate fino al Santissimo Sacramento. Inginocchiatevi e pregate. Se non potete di più, fatelo per dieci secondi. Ringraziate Dio Padre per il mistero dell’Eucaristia nel quale siete inclusi, per la presenza del Cristo nella sua Chiesa. Lasciatevi andare all’adorazione con il Cristo, nel Cristo, tramite la forza dello Spirito. Rendete grazie a Dio. Rialzatevi. Fatevi un bel segno della croce e ripartite.
JEAN-MARIE LUSTIGER

VIENI SIGNORE VIENI MARANATHA'

In questa terza settimana di Avvento, visti gli ultimi avvenimenti accaduti in India, Ti invoco o Gesù, in questo momento di attesa e di penitenza, affido a te coloro che hanno perso la vita in modo violento, negli attentati nelle guerre, perchè in te ora riposano. Per tutti coloro che sono sopravvissuti e i familiari perchè in questo tragico avvenimento vivano la Tua avvenuta, e soprattutto per tutti coloro che si macchiano di omicidi e ingiustizie, perchè si pentano, riconoscano il male compiuto! Nulla è impossibile a Dio!
Oggi viene ricordato il Beato Charles de Foucauld, è sua questa bellissima preghiera:

SU TUTTA LA TERRA
Venga il tuo Regno su tutta la terra,
venga in ogni anima...
Tutti gli uomini siano solleciti al tuo servizio,
la tua grazia regni padrona assoluta in ogni anima;
che tu solo agisca in ogni anima e tutti gli uomini non vivano che per mezzo di te e per te,
perduti in te...
Senza dubbio è la più grande felicità di tutti gli uomini che sia così:
è ciò che c'è di più desiderabile per il prossimo e per me.
Amen


VIENI SIGNORE VIENI MARANATHA'

_____________Ave Maria___________

_____________Ave Maria___________
Questa preghiera è dedicata a ... ... ...

__SOSTEGNO DI CHI E' MALATO!__

Ave, o Maria, piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.

Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte.

Amen.